“Sentieri nel ghiaccio” – Diario di viaggio di Werner Herzog

Che cosa spinge un uomo a percorrere a piedi la strada che separa Monaco da Parigi, nel peggior periodo dell’anno e sfidando ogni genere di intemperie, per fare visita ad un’amica malata? Lo stesso autore ci fornisce la risposta nella premessa di questo racconto tanto semplice quanto straordinario: “Volevo essere solo con me stesso”. È così che, in seguito ad una telefonata ricevuta da un amico, Werner Herzog prende una giacca, una bussola ed una sacca contenente l’indispensabile. Il 23 novembre 1974 inizia così questo viaggio.

Anni fa, quando per caso ho scoperto in biblioteca questo piccolo libro (che poi mi sono comprata), ignoravo un Herzog scrittore, conoscendolo solo come regista. Attratta non solo dalla curiosa raffigurazione in copertina, ovvero una mano che si snoda lungo un paesaggio innaturale ed innevato, ho deciso di scoprire anche questa versione. Mi sono trovata davanti un diario, un insieme di pagine personali nelle quali si raccontava, con annesse dettagliate visioni del paesaggio circostante o semplici gesti delle persone da lui incontrate nel corso del suo cammino.

Non mancano poi i pensieri personali, i ricordi che gli ritornavano alla mente passo dopo passo, nel suo lungo peregrinare solitario. È così che il nonno che per undici anni non ha voluto abbandonare la sua poltrona, convinto altrimenti che si sarebbe sgretolato “come un mucchio di sassi”, si alterna ad un grande bosco nella bufera. Passato e presente si confondono, paesaggio esterno ed interno diventano un tutt’uno nelle pagine dell’autore.

sabato, 23.11.74 . Dopo 500 metri circa ho fatto già la prima sosta all’altezza dell’ospedale di Pasing, e da lì volevo piegar netto verso occidente. Con la bussola ho fissato la direzione di Parigi, adesso la so.

Con questo incipit ha inizio il viaggio verso l’ospedale della capitale francese per andare a trovare Lotte Eisner, critica cinematografica nonché cara amica di Herzog, gravemente malata. Cominciato il 23 novembre, il percorso avrà fine poco meno di un mese dopo, ovvero sabato 14 dicembre, attraversando il confine tedesco e francese. Il tempo incontrato dal viaggiatore non è dei più incoraggianti, ma è un clima invernale anche per quanto riguarda la fauna e le persone incontrate.

[…] a forza di solitudine la voce non mi veniva più fuori, era solo un pigolio, non trovavo più la corretta attitudine per parlare e mi vergognavo. Allora ho tagliato la corda. 

Neve, vento, accenni di sole, pioggia, freddo: nulla ferma il protagonista, determinato ad arrivare alla fine del percorso prefissato con le sue sole forze, senza badare al male ai piedi, al tendine d’Achille gonfio, alla stanchezza, dormendo dove capitava e ripartendo prestissimo la mattina dopo per continuare il suo cammino, quasi alla scoperta di sé stesso.

Quello che più mi ha colpita però è ciò che vede, quasi volesse descrivere una fotografia scattata dai suoi occhi e permettere al lettore di vederla, riproduzione fedele di una personale sensazione. I suoi piedi percorrono un paesaggio cristallizzato, sottolineato da parole semplici ma che si rivelano il miglior mezzo di comunicazione per descrivere sia ciò che lo circonda che il suo animo.

[…] all’improvviso una grande radura. Tutt’intorno il bosco immobile, grande e nero, immobile e muto come un morto. E dal profondo viene il grido di una poiana. Accanto a me un fossato pieno d’acqua, lunghi ciuffi d’erba coricati sull’acqua. L’acqua è così trasparente che mi pare strano che il fosso non sia gelato. […] Un luogo desolato come questo non c’era ancora stato. […] Mi circondava un tal silenzio.

Non servono gesti eclatanti: è un’unione con la natura, immobile sotto la neve prima e la pioggia poi, ma viva sotto i piedi del pellegrino, che avanza instancabile come ciò che lo circonda, in un ciclo continuo ed inarrestabile che è la vita. La vita, proprio ciò che Herzog con il suo viaggio di propone di portare all’amica malata, come lui stesso ammette nella premessa: “Presi la strada più diretta per Parigi, nell’assoluta fiducia che lei sarebbe rimasta in vita, se io fossi arrivato a piedi”.

Un pensiero forse senza senso, ma che dà il via ad un cammino folle. In questo sta il carattere di Herzog, un aspetto di sé che (con riluttanza e solo anni dopo l’accaduto) rivelerà anche a noi tramite queste parole, questo diario. Un intenso percorso quindi non solo fisico ma anche interiore, alla scoperta del proprio io, senza cercare spiegazioni razionali.

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